lunedì 29 giugno 2009

MANUEL CASTELLS NELLA MATURITÀ 2009



Immagino che qualcuno potrebbe dire: “Perché non mi lasciate solo? Non voglio far parte della vostra Internet, della vostra civiltà tecnologica, o della vostra società in rete! Voglio solo vivere la mia vita!” Bene, se questa è la vostra posizione, ho delle brutte notizie per voi. Se non vi occuperete delle reti, in ogni caso saranno le reti ad occuparsi di voi. Se avete intenzione di vivere nella società, in questa epoca e in questo posto, dovrete fare i conti con la società in rete. Perché viviamo nella Galassia Internet. M. Castells, Galassia Internet, (2001), traduzione italiana 2007.

Questa considerazione di Manuel Castells, sociologo catalano, introduce uno dei temi della maturità 2009: Social Network, Internet, New Media. Ecco le tracce ministeriali delle prove scritte.

Castells è docente ordinario all’ Universitat Oberta de Catalunya, nonché professore emerito all'Università di Berkley in California. L’argomento introdotto dalle sue parole, seguite dalle non meno interessanti considerazioni di altri quattro autori, hanno determinato la massiccia scelta del tema sulle reti sociali da parte degli studenti italiani.

L’ultima considerazione è tratta da un articolo di A. Bajani su “Banca della Memoria” lo “YouTube dei nonni”, di cui sono una fan e ne parlavo in un post l’estate scorsa.

Gli studenti hanno lasciato decisamente da parte la traccia uno, l’analisi del testo su Italo Svevo, un brano dalla prefazione di “La coscienza di Zeno”, in cui si accenna alla psicoanalisi (nessun interesse per Freud o Lacan, ormai?), mentre mi dispiace un po’ per la scarsa attenzione ai temi di argomento storico, la caduta del Muro di Berlino e la ricorrenza dell’unità d’Italia. Entrambi, come puntualizza Alessandro Barbero su Il Sole 24 Ore, sono da considerare “speculari per far riflettere sulle diverse forme di stato e di governo che può avere una società moderna».

Riflessioni fondamentali per aiutarci a ritrovare la stada verso una democrazia dignitosa.

Tutti gli argomenti proposti quest’anno sono stimolanti, ma nell’estate del 2009 le reti sociali suscitano vivo interesse e battono tutti gli altri temi. Poco importa se le relazioni sociali diventano sempre più numerose, ma anche sempre più labili, se i limiti della privacy o della proprietà intellettuale vengono continuamente forzati.

In questo momento vedo studenti che girovagano sul web, senza fissa dimora, ma pensandoci bene soltanto alcuni. Molti altri entrano in classe già abituati ad interagire in ambienti virtuali, a trovare parte della formazione e molta informazione nelle risorse digitali.

Conviene adeguarsi, dato che, come dice il portale di Studenti.it:

non ha molto senso discutere se siano giusti o sbagliati i social network. Sono semplicemente un'evoluzione dei mezzi di comunicazione.

Aggiornamento post, sabato 4 luglio: Senza tale evoluzione, senza Twitter, Facebook, Youtube, non avremmo mai saputo della morte di Neda, la ragazza iraniana, nonostante gli sforzi per oscurare l'informazione da parte degli intransigenti. Me l'ha ricordato proprio Manuel Castells nel suo articolo di oggi sul quotidiano catalano La Vanguardia.
































giovedì 25 giugno 2009

DOLCE STIL WEB: L'ITALIANO DELLA RETE


dolce

Leggo sul blog CHIODO SCHIACCIA CHIODO la segnalazione di “Dolce Stil Web”, scritto da Pino Bruno, giornalista di Rai3. La prefazione è di Gianrico Carofiglio.

“Un viaggio attraverso il linguaggio creato dalla rivoluzione digitale” promette il sottotitolo.

Lo leggerò senz’altro, spero di capire finalmente il significato di tanti termini e neologismi, come rippare o criccare, ad esempio. Scusate l’ignoranza.

Mi sembra un’idea utilissima, userò questi termini per un’indagine in classe. Conteremo le parole che lo spagnolo ha tradotto dall’inglese, confrontando il risultato con il comportamento della lingua italiana nel contesto digitale. Poi sarà interessante testare quanti di noi, anche tra gli insegnanti, conoscono effettivamente il significato di termini quali lan, blobbare, sniffer, SSL

“Tanto gentile e tanto onesta pare…”, queste erano le parole del Dolce Stil Novo, ma come facciamo ad usarle ai tempi di Lisbeth Salander, la fosca hacker di Stieg Larsson?

“Ogni epoca raccoglie ciò che semina” considera Pino Bruno. Niente di nuovo sotto il sole, direi, un nuovo modello di comunicazione, di riproduzione e diffusione dell’informazione, cerca sempre nel repertorio delle parole disponibili, modi diversi per esprimersi. Proprio come all’epoca dell’invenzione della stampa.



lunedì 15 giugno 2009

STRESS DA VERIFICHE




Mamma mia, come stressano i risultati degli esami.

La settimana scorsa sono usciti i risultati dei test finali. Questa volta però, tra gli alunni che festeggiavano contenti il risultato positivo c’era un numero forse più alto che in altri quadrimestri di studenti irritati, delusi, indignati.

Avevano scoperto il fatidico “bocciato” vicino al proprio cognome, un affronto “difficile da digerire”, mi ha detto una tipa, mai vista prima, portavoce di un gruppetto imbronciato.

La tipa non mi lasciava passare, benché io non fossi stata la sua insegnante, ma tant’è, ne avrebbe fatto le spese il primo docente di passaggio. Intanto rincarava la dose: l’italiano, se per caso l’avessi dimenticato, trattasi di una lingua che si studia per “piacere”, ossia “per passar-s’ho bé”, di sicuro non è competitiva come l’inglese, “che se non lo so non mi danno il lavoro!”. Poi il colpo di grazia, da un’intera classe di bocciati: non metteremo più piede in questo centro, non abbiamo i soldi da sprecare, torniamo all’Istituto Francese…

Come se l’ortografia francese fosse facile, ho pensato io, ma l’ho solo pensato, perché in tempi di crisi di iscrizioni, crisi di tutto, non era il caso di polemizzare, dando ulteriori lezioni a un gruppo inferocito che, tra l’altro, non conoscevo affatto.

Inevitabile considerare che qualcosa non ha funzionato in questa classe. Nessun obiettivo è stato acquisito. Si potrebbe chiudere il discorso con un “somari, sforzatevi di più”, se non fosse che un intero elenco di bocciati fa male agli occhi. È doveroso chiarire che la classe in questione, dallo scarso profitto, apparteneva addirittura a un corso avanzato!

Sull’argomento verifiche non esistono risposte precostituite, tuttavia dopo le lamentele ascoltate, la domanda che mi frulla per la testa è in che modo sia possibile perseguire gli obiettivi di apprendimento per l’italiano L2, senza perdere di vista la qualità dello stesso. Arriva il momento che bisogna pur ripassarle ste’ preposizioni, ma gli alunni si giustificano ricordando che la spendibilità sociale dell’italiano non è paragonabile a quella di altre lingue. Tale giustificazione lascia il tempo che trova, dato che un’insegnante d’inglese mi ha riferito dei molti problemi da affrontare ogni giorno anche per l’insegnamento della lingua della ricerca scientifica e del commercio internazionale. Tra cui c’è anche quello di correggere continuamente gli errori “fossilizzati”. Ci riusciranno mai? Per il momento, con l’agilità di sempre hanno raggiunto un compromesso tra l’inglese dei madrelingua, con tutte le sue varianti, e il “global English”, eufemismo ufficiale per “guaranì English” (come viene chiamato scherzosamente dagli anglo-americani-australiani-canadesi l’inglese parlato a livello planetario). Se questo può servire a consolarci.

Tornando al discorso verifiche, si è detto e scritto parecchio sull’argomento valutazione e certificazione dell’italiano a stranieri, abbiamo al rispetto le prove CILS fin dai livelli A1 e A2, veicolati in modo efficiente dal Quadro comune europeo.

Ebbene, la valutazione che già è problematica, si sta complicando ancora di più a causa dei nuovi contesti d’uso derivanti dalle tecnologie.

Infatti, dopo la sgridata della classe bocciata, ecco arrivare una mia alunna dell’intermedio 1 che mi annuncia trionfante di aver appena aperto una pagina su Facebook, allo scopo di non perdere di vista i compagni di classe, di poter condividere contenuti in italiano, nonché continuare a “parlarsi” in italiano, anche se con gli strafalcioni ad uso. La classe mi guardava compiaciuta. Una classe dell’intermedio 1 possiede un livello ancora bassino di competenza, non completa ancora il profilo di apprendente B, o “indipendente”, secondo i parametri del Quadro Europeo. A quanto pare, gli studenti vogliono sentirsi autonomi prima del tempo. Evviva l'interlingua. Ecco, forse un'occasione imperdibile per analizzare l'interlingua!

Nel social network "Italiano per Principianti?" esiste già un gruppo formato esclusivamente da alunni di italiano della Scuola Ufficiale di Lingue di Sagunto (Valencia). L’iniziativa dei miei alunni sembra dunque in linea con lo spirito dei tempi che corrono.

Sul momento ho pensato che forse un esperimento iniziato in ottobre di quest’anno accademico aveva favorito l’iniziativa. O forse mi sto mettendo una medaglia che non merito? Comunque, durante l’anno ho aperto un wiki per i miei studenti, allo scopo di riprendere alcuni aspetti del programma che la mancanza di tempo (e di risorse) non permetteva di approfondire. L’esperienza sta durando tutt’ora ed è presto per parlare di risultati.

Per farla breve, in via sperimentale vorrei favorire una nuova usabilità dell’apprendimento in un contesto formale/ non formale. Il wiki è uno strumento non formale che ho usato come repository e appoggio per le lezioni in classe. In questa modalità d’uso (non è l’unica) il wiki non ha contraddetto l’apprendimento istituzionalizzato che avviene sempre in ambiente formale, dove si insegna un sillabo pianificato. Per quanto inaspettata, l’idea di Facebook fa notare senza dubbio un interesse per l’italiano, ma pone anche il problema della tematica dell’apprendimento informale, libero, non intenzionale. Del “fai da te” nel dopo scuola, insomma.

L’annuncio dell’alunna mi ha colto un po’ di sorpresa, non lo nego (sono una immigrata digitale!). Sospettosa, mi sono chiesta se fosse possibile l’apprendimento delle lingue in un contesto come quello di Facebook, ma soprattutto quali criteri di coerenza fossero possibili tra il sillabo proposto in classe e la conoscenza informale prodotta sul muro del social network. Inoltre, quali sarebbero le ricadute per la valutazione di un apprendimento informale, affinché imparare l’italiano risulti efficace.

Queste considerazioni suggerirebbero che:

1) io cammino sempre con un passo indietro rispetto all’utenza che, comunque, non è affatto “digital native”, infatti l’età di questa mia classe va dai 32 ai 65 anni.

2) Le prove valutative formali vanno bene per un percorso di apprendimento strutturato, questo lo sappiamo, ma visti i risultati, ormai non funzionano neanche tanto bene.

3) Se accettiamo che si possa acquisire la conoscenza anche in un contesto informale, bisognerà affrontare questa dualità di apprendimento. Ciò comporta chiedersi quale strada scegliere per valutare i due tipi di apprendimento, quello linguistico in classe e quello informale. Valutarli insieme o separatamente? Ovvero, la valutazione formale (continuata e finale) si dovrebbe affiancare a quella informale? Per esempio con un e-portfolio?

Per il momento, non ho risposte.

Il mondo cambia, i contesti della conoscenza si sono diversificati, coinvolgendo a mio avviso anche i modelli di analisi di competenza e padronanza delle lingue.

Bene, ho dovuto ridefinire l’intero senso dell’apprendimento, perché il mondo corre così veloce... Le concezioni che avevamo al rispetto, quando la conoscenza si trovava concentrata in un posto fisso, per esempio in una biblioteca, non funzionano più. (J. Cross, Informal Learning, 2004)

No alle tecnologie senza un fine pedagogico, avverte il progetto europeo EPICT, per una definizione delle metodologie didattiche in ambito formale/ informale. L’acronimo EPICT significa European Pedagogical ICT License, di cui il sito EPICT.

Rilassiamoci, dunque, è inutile stressarsi, meglio vivere l’estate e lasciare per l’autunno gli esperimenti sugli alunni informali.


Alcuni riferimenti utili


Un classico: AA.VV. Valutare e certificare l’italiano di stranieri. I livelli iniziali, Guerra, 2003. Prefazione di M. Vedovelli. Occhio alla bibliografia!

Non tutti i docenti hanno smesso di guardare agli errori con preoccupazione, nonostante ce lo consigli Quando gli studenti sbagliano: l'errore, speciale di Officina.it, 2008 (09) di Alma Edizioni.

Per l’apprendimento formale/ informale, non specifico delle lingue straniere:

Cren, E. (2009), Web 2.0 e formazione:folksonomia e apprendimento condiviso, rivista Form@re, 61(2). Accesso gratuito. Occhio alla bibliografia!

Piave, N. (2008), Educare all'apprendimento informale online: la scuola 2.0 fra paradosso e opportunità, da Il giornale dell’e-Learning, anno 2 nº 5.

Battigelli, S, Sugliano, A.M., (2008), Ambienti di comunicazione per l’apprendimento formale/ informale, analisi delle funzioni d’uso dei diversi ambienti di comunicazione nella comunità e nel corso EPICT.

Ho tradotto due frasi da un intervista a

Cross, J. (2004) An informal history of eLearning. dalla rivista On the Horizon [su Internet] 12(3). pp.103-110. È necessario fare l’account e pagare. Intervista segnalata dal blog: E-learning Curve Blog

E inoltre: Cross, J. (2007) Informal Learning: Rediscovering the Natural Pathways that inspires Innovation and Performance. San Francisco: John Wiley & Sons, Inc.